venerdì 15 febbraio 2008

il suicidio secondo durkheim


Il suicidio è prevalente nelle persone in carcere. ci sono le statistiche che lo dimostrano. infatti quasi il 50% dei detentuti si suicida e il 60% delle persone ammalate gravemente o che perdono la speranza di una vita normale anche tenta al suicidio. In genere, come dimostra tante altre statistiche, le persone con problemi o non integrati bene nella società tenta il suicidio.Affermazione sicuramente molto discussa ma un sociologo dell'800 ha analizzato e affermato quello che tutte le statistiche esprimono. Durkheim scrive Il suicidio, opera nella quale, grazie ad un esame di dati statistici, vuole dimostrare le radici sociali di quello che la cultura occidentale considera l’atto soggettivo per eccellenza. Lo spunto gli viene fornito anche dal preoccupante aumento del numero dei casi di suicidio che si stava verificando in quel periodo. La ricerca, sebbene segnata dalla rigida dicotomia tra individuale e sociale di cui si è già parlato, riesce a mettere in evidenza alcune cause sociali del fenomeno che assume, tuttavia, come uniche e non come concomitanti con una miriade di altri fattori di importanza indiscutibile. In essa l’autore individua tre tipi di suicidio:

a. il suicidio egoistico, caratteristico delle società in cui la prevalenza del sociale sull’individuale è insufficiente. Partendo da una prospettiva di pessimismo antropologico, è facile per Durkheim sostenere che, laddove l’ordine sociale è debole, il singolo è preda di se stesso e non ha alcun freno a mettere in atto i gesti più sconsiderati;

b. il suicidio altruistico, diffuso nelle società primitive, e che ha un carattere molto particolare, poiché interessa particolari categorie di individui che, per le regole interne della società cui appartengono, hanno il dovere di suicidarsi in certe circostanze: Durkheim cita ad esempio le mogli a seguito della morte dei mariti o accoliti e servitori a seguito della morte dei capi;

c. il suicidio anomico, conseguente ad uno stato di crisi proprio delle società avanzate, che l’autore chiama anomia. Questa potrebbe definirsi come una condizione oggettiva di assenza di norme, ma questa formulazione è più vicina ad un caso limite che ad una situazione osservabile. Conviene allora dire che si tratta di uno stato di cose in cui l’autorità morale della società è in crisi ed il singolo risente profondamente della mancanza di indirizzo che da essa normalmente deriva, giungendo fino al suicidio.
In altre parole, egli ricerca l'eziologia sociale del fenomeno attraverso correlazioni statistiche con le caratteristiche dei diversi sistemi sociali europei. Considerando aspetti quali la religione e la famiglia, giunge alla conclusione che il suicidio è più frequente (correnti suicidogene) in quei paesi che presentano un'integrazione sociale meno sviluppata.

1 Commenti:

Alle 22 febbraio 2008 alle ore 04:13 , Blogger Giadina & Giulietta ha detto...

ciau..hai avuto 1bella idea,x forza,cn una famiglia di dottori..hehe...cmq brava,hai trovato pure cm collegarlo alla sociologia..bye bye G & G ti salutano!! baci

 

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